La lavandaia.

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Ieri ho fatto un po' di bucato in casa d'altri, anche se non richiesto, né retribuito. Per chi? Per la prestigiosa Einaudi. Non è la prima volta che mi capita (sempre con Einaudi). L'ultima volta ho ricevuto una mail di risposta con i ringraziamenti dopo mesi e mesi dalla mia segnalazione. Vi tengo aggiornati su come andrà questa volta. Sembrerò pignola, lo so (mi sto antipatica da sola), ma se vendi libri e sei una delle maggiori case editrici del Paese, non puoi permetterti certe cose, diamine!

L'armistizio.

Locandina all'uscita di Eataly - Torino



Oggi mi sento buona e rendo onore al merito di chi ammette di non essere perfetto. Anche se poi abusa di puntini di sospensione.

Il dubbio.

corriere.it / 4 novembre 2010
Non so voi, ma io mi ostinavo a leggere che a disturbare il sonno fossero gli adolescenti, gli sms e l'iPad. E se ci atteniamo alla frase, se ne rispettiamo la punteggiatura, il significato è proprio questo. Anche se il fatto che anche gli adolescenti possano disturbare il sonno e portare ansia e depressione credo sia più che un dubbio. Ma non era questo il senso dell'articolo. E allora, perché non scrivere "Adolescenti: sms e iPad disturbano il sonno"? Non era una questione di spazi, questa volta, ma di scelta e di buon senso.

Il santo Natale.

Dare per scontato che chi legge associ immediatamente il nome "Bambin Gesù" a un ospedale romano è abbastanza centralista come atteggiamento. E l'effetto è comico. Sono i danni degli spazi inderogabilmente predefiniti e dei titolisti - che, detto per inciso, molto contribuiscono a deturpare l'italiano e il giornalismo in generale.

Il servizio militare.

"Il suo nome era Cerutti Gino". Licenza poetica a un certo signor G che se la meritava totalmente.
Invece quando sento la gente comune presentarsi con cognome prima e nome dopo, non mi piace. Mi fa servizio militare. Mi ricorda quando a scuola ci chiamavano per cognome. A supportare questa mia allergia, il fatto che linguisticamente sia sicuramente più corretto l'ordine nome (o prenome, infatti) + cognome. Anche la storia sociale è dalla mia:  il nome nasce cronologicamente prima, mentre il cognome è arrivato quando non si riusciva più a specificare chi fosse chi, usando soltanto "figlio di" o "il ciabattino" etc. 
È soltanto per questioni meramente burocratiche che nel momento in cui occorre fare un elenco alfabetico di una serie di nomi, per convenzione e comodità, si usa indicare prima il cognome e poi il nome. E va bene. Ma è un uso che dovrebbe essere circoscritto agli schedari, agli elenchi. Ma quando vi presentate o vi registrate su facebook, vi invito a indicare prima il nome. Anche perché facebook non è italiano e quando hai una cugina che si chiama Rosanna Bruno e si registra come Bruno Rosanna, passi metà del tempo a domandarti chi diavolo sia questo Bruno amico tuo che soffre di sindrome premestruale.

L'editrice.

Non ho materiale visivo per questo post. Fossi stata fortunata, avrei potuto avere il file audio piuttosto che un mp3 piuttosto che un video fatto con un cellulare piuttosto che. Fa venire i nervi, vero? Come cosa? Il "piuttosto che" usato come congiunzione disgiuntiva e ripetuto ossessivamente. Allora, il piuttosto che si deve usare solo ed esclusivamente* per indicare una preferenza: "Preferisco andare a piedi piuttosto che aspettare mezz'ora l'autobus". Ecco. Per elencare una serie di elementi che sono equivalenti tra loro, si usa una semplice, carina e simpatica vocale: "o". Al limite, se volete essere più forbiti, potete usare "oppure". Per esempio: "Non so se andare a piedi o in autobus" indica che le due opzioni hanno il 50% di possibilità di essere scelte. Se invece dico: "Andrò in auto piuttosto che a piedi" sto esprimendo una netta preferenza per l'auto. Se pronuncio questa ultima frase dando al "piuttosto che" il significato di "o", come è ormai uso comune fare, rendo la frase ambigua.

Insomma, il "piuttosto che" mi rende nervosa. Se poi a usarlo in modo improprio è la titolare di una casa editrice, beh, merita quantomeno un post, anche se privo di foto. Piuttosto che niente.

* Sezione Meraviglie della lingua italiana: come "entro e non oltre", "severamente vietato", anche "solo ed esclusivamente" è una di quelle espressioni pompose, pleonastiche che spesso si riscontrano nella lingua italiana, espressioni che io adoro perché sono manifesto limpido e diretto del carattere degli italiani, ai quali bisogna mettere una doppia fila di paletti per evitare che cerchino escamotage per fare qualcosa che è semplicemente vietata, per far loro rispettare una semplice scadenza, per indicare loro che qualcosa è semplicemente "solo" quella cosa.


L'annuncio di lavoro - AAA maestra prima elementare cercasi.


Sono fiduciosa. Voglio credere che si sia solo inceppato il dito sul tasto Z. Sono sicura che sia andata così...

L'errore di sistema.

Schermata di errore.
L'italiano è vittima dell'informatica, perché l'informatica ha nell'inglese la sua lingua madre. E così, come non vengono inventate parole nuove in italiano per indicare funzioni, oggetti nuovi, così quando si traducono i messaggi standard non c'è nessuno che controlli che la traduzione sia corretta o quantomeno orecchiabile (come nel caso della schermata qui sopra). Non so se sia un sistema automatico o il classico italo-americano, nato e cresciuto all'estero che tutti credono in grado di parlare in italiano quando in realtà parla una strana forma dialettale ereditata dai nonni, poco comprensibile anche a noi. Mi è successo diverse volte di imbattermi in questi simpatici esseri mitologici, metà orgoglio metà riluttanza. La prima volta che ricordo ero all'aeroporto di Cairns, in Australia. Fui mandata a un banco informazioni dove avrei trovato "a lady speaking Italian". Trovai una ragazza con un cognome italiano sulla targhetta che mi si rivolgeva in dialetto napoletano stretto. Le chiesi di parlare in inglese e pensai a chi l'aveva assunta, convinto di assumere una bilingue.

Il pianificatore di matrimoni.

Sito internet di un'agenzia di wedding planner
Non sopporto quelli che chiamano i propri figli con nomi inglesi di cui esiste il corrispondente perfetto italiano (Daniel invece che Daniele, per esempio). Allo stesso modo non sopporto l'uso dell'inglese quando esistono i termini italiani per indicare la stessa identica cosa. È così che ammazziamo la nostra lingua. Per esempio, perché dire Wedding Cake quando esiste l'espressione Torta nuziale? Posso concedere il catering, ma la wedding cake proprio no! Altro punto: le maiuscole usate a caso (in realtà un po' all'inglese), come per i nomi dei mesi o dei giorni della settimana. Nel nostro caso, "Musicali" è un aggettivo: si scrive minuscolo. "Cerimonia" è nome comune di cosa: si scrive minuscolo. "Lei e Lui" sono pronomi personali: minuscoli. A meno che non si stia parlando di Dio. Ma lo sanno tutti che Dio è scapolo.

L'allestimento vetrina che fa cagare.

Vetrina di un negozio di fotografia a Maniago (PN)

Non mi soffermerò sulla qualità dell'annuncio dal punto di vista creativo-pubblicitario.
Volevo solo far notare che, per la serie le disgrazie non vengono mai sole,  qui abbiamo una meravigliosa E maiuscola che invece di essere correttamente accentata (È), è corredata di un apostrofo, messo anche al contrario.
Notiamo poi i puntini di sospensione - cinque - che hanno la funzione di ammiccamento con colpetto di gomito (hey, guarda che simpatico che sono) e le virgolette sulla carta giusta, anche questo ammiccamento americanofilo. Insomma, un bell'esempio di cosa non deve fare un copywriter qualsiasi.

Lo spam albanese.

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In realtà non credo c'entri molto con l'albanese. Più probabilmente è uno dei danni di Google Translator. Questo post, quindi, è leggermente fuori tema perché la mail chiaramente non è stata scritta da una persona. Però mi diverte sempre molto leggere questo tipo di spam.
Quanto a Google Transaltor, gli andrebbe dedicato un intero blog...

L'invito premuroso a teatro.

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Due piccioni uccisi con una mail.

In questa newsletter inviata dal direttore organizzativo di un importante teatro, troviamo due piccoli intoppi:
1. Si consiglia A qualcuno di fare qualcosa.
2. "Sé" è molto emotiva: se è accompagnata da "stesso", ce la fa a stare senza accento, ma se è da sola, allora vuole l'accento. Quindi, in questo caso: "Si consiglia di portare con sé".